SITUAZIONE
Primi di marzo ’42, turno 85. Il Giappone travolge ogni resistenza alleata, conquista quasi tutto il sudest asiatico e porta le sue truppe in prossimità dell’India e dell’Australia. In soli tre mesi di guerra sono state distrutte, e conseguentemente cancellate dalla mappa, le truppe inglesi in Malesia e Birmania, le truppe americane nelle Filippine, quelle olandesi nel Borneo, a Java, Sumatra e Nuova Guinea. La velocità di esecuzione di un simile piano di conquiste, che rispecchia la linea degli avvenimenti storici, è chiaramente dovuta alla superiorità di cui godono le forze nipponiche. Per quanto lungo e articolato, questo primo articolo dell’After Action Report altro non può essere che una estrema sintesi delle operazioni belliche avvenute fin qui; inutile quanto noioso entrare nel dettaglio, la guerra in questa fase è a senso unico.
I sette numeri rossi sulla mappa indicano i punti dell’espansione giapponese. Punto 1, le Filippine. Sbarcati in diverse località di Luzon e Mindanao, i Giapponesi in breve tempo costringono le truppe americane e filippine ad un precipitoso arretramento. Manila viene occupata il 24 gennaio. Per gli uomini che ancora combattono a Luzon, come quelli di stanza sulle isole minori, non c’è possibilità di fuga; dovranno restare al loro posto con l’ingrato compito di ritardare l’avanzata delle forze nipponiche. L’aviazione di base nelle Filippine infatti, che contava di mezzi obsoleti e non all’altezza della situazione, è stata totalmente annientata già nei primi giorni di guerra; come conseguenza, tutte le navi americane, divenute facili prede degli aerei giapponesi, hanno dovuto lasciare l’arcipelago e ritirarsi in Australia (fino a Rockhampton, ma verranno trasferite a Noumea appena possibile).
Punto 2, la Malesia. Perse il primo giorno di guerra, in seguito ad attacco aereo, la corazzata BB Prince of Wales e l’incrociatore da battaglia BC Repulse, nei fatti la marina inglese non ha potuto in alcun modo ostacolare l’invasione delle forze nipponiche. Forze che una volta saldamente in Malesia, hanno intrapreso una lunga ma inesorabile avanzata lungo la penisola. Fedele al principio di evitare inutili perdite, come spiegato nell’articolo precedente a questo, ho ritirato in India quanto restava della flotta inglese, non ho inviato alcun rinforzo in Malesia e addirittura ho riportato in patria tutte le truppe australiane e alcuni validi reparti inglesi. Devo aver semplificato il compito agli invasori, e non di poco, ma anziché finire prigionieri ora questi uomini potranno contribuire alla difesa dell’India e dell’Australia. Singapore viene raggiunta dalle prime truppe nipponiche il 18 gennaio, viene occupata il 28. I prigionieri sono oltre 16000.
Punto 3, la Birmania. Caduta così rapidamente Singapore, i Giapponesi si sono subito rivolti verso Rangoon. Occupare l’intera regione è stato facilissimo, perchè anche qui non sono state poche le unità inglesi che ho preferito ritirare in India. Seppur indebolite da una lunga marcia e dagli immancabili attacchi aerei, ora queste truppe si trovano a difesa dell’importante località costiera di Akyab. Unità ancora presenti in Birmania (Lashio e Myitkyina) tenteranno anch’esse di riparare in India. Rangoon viene occupata l’8 febbraio. Con la Birmania in mano al nemico cessa per gli Alleati la possibilità di inviare rifornimenti via terra alla Cina.
Punto 4, la Cina. Dopo aver occupato la colonia inglese di Hong Kong (10 dicembre, 4000 prigionieri), le truppe giapponesi intraprendono una grande offensiva che le porta ad occupare Nanning, Wuchow, Kukong, Wenchow e altre importanti località. Le unità cinesi sono senza difese contro gli attacchi degli aerei e dei carri armati e vengono spinte sempre più indietro. Il 15 gennaio, con la cattura di Kukong, l’offensiva nipponica si esaurisce e per la prima volta dall’inizio dello scenario riesco a riorganizzare le truppe cinesi. Da quel giorno, a parte gli immancabili bombardamenti aerei, niente si è più mosso in Cina.
Punto 5, Java e Indie olandesi. Facili conquiste per i Giapponesi nel Borneo, a Sumatra, Celebes e isole della Sonda. Ovunque, fino a Timor (e cioè alle porte dell’Australia) le truppe olandesi si arrendono o si disperdono nella giungla. Resta Java, l’isola più importante. I Giapponesi vi sbarcano su più punti e già il 4 marzo occupano Batavia. Per tentare un’ultima disperata difesa restano ormai soltanto Tjilatjap e Soerabaja. Alcune unità olandesi sono state evacuate via aerea verso le isole di Christmas IO e Cocos; la flotta olandese invece, per evitare gli attacchi aerei, è stata trasferita già a metà febbraio nel sicuro porto australiano di Perth.
Punto 6, Nuova Guinea, Bismark e Salomone. Come prima mossa i Giapponesi occupano tutte le località lungo la costa settentrionale della Nuova Guinea, da Wewak fino a Lae e Salamaua. Da qui prendono possesso di Rabaul e Kavieng, quindi si spingono a sud fino alle isole Salomone. Non trovano alcuna opposizione, e il passo fino all’importante avamposto australiano di Port Moresby è fin troppo breve. Port Moresby è l’unica località dell’area a poter contare su una qualche difesa, ma viene ugualmente occupata dai Giapponesi (26 gennaio). Non senza pericoli, le unità australiane vengono riportate sul continente.
Punto 7, Gilbert, Fenice, Ellice. A completamento di un’interminabile serie di conquiste, i Giapponesi certo non dimenticano l’area del Pacifico. Dopo aver eliminato la presenza americana su due isole del Pacifico centrale (Guam e Wake), eccoli spingersi a sud con l’occupazione dell’arcipelago delle Gilbert (Makin, Tarawa, Nauru e Ocean) e dell’arcipelago delle Ellice (Funafuti, Nukufetau,Vaitupu). Occupano anche Baker Island, arcipelago della Fenice, costringendomi in tutta fretta ad inviare rinforzi su Canton Island che è l’unica base rimasta agli Americani.
CONSIDERAZIONI
Con la caduta di Singapore e di Manila, di Rangoon, quindi di Batavia, Port Moresby e Rabaul, e con l’imminente perdita di Soerabaja, considero conclusa la fase iniziale di questo scenario “Ironman”. Truppe alleate sono ancora presenti in alcune parti delle Filippine e delle Indie olandesi, ma sono isolate e senza rifornimenti; continueranno a combattere, fino all’inevitabile resa, soltanto per tenere impegnate sul posto più unità nemiche possibili. Il Giappone ha appena istituito la sua “sfera di prosperità” e controlla quel Sudest asiatico ricco di petrolio e risorse che rappresentava il suo primo e più importante obiettivo. Con poca o nessuna resistenza da parte alleata però, il Giappone ha occupato anche moltissime basi nel Pacifico, da Guam a Wake fino alle isole delle Gilbert, la Nuova Guinea, le Bismark, le Salomone. La mia decisione di affrontare lo scenario restando sulla difensiva, evitando dove possibile di dare battaglia, può aver certamente contribuito a questa rapida espansione nipponica, ma resto convinto di aver fatto bene. Come visto sopra, per evitare inutili perdite ho trasferito le forze navali inglesi in India (Colombo e Cochin), quelle olandesi sulla costa occidentale dell’Australia (Perth) e quelle americane sulla costa orientale dell’Australia (Rockhampton, in attesa di raggiungere Noumea). Contemporaneamente il grosso della flotta americana, quella presente nel Pacifico, non si è mai esposta e risulta praticamente intatta (a tutt’oggi, tra le quasi cento navi perse dagli Alleati, risultano soltanto tre corazzate americane affondate a Pearl Harbor e due inglesi affondate in Malesia, tutte nel primo turno del 7 dicembre ’41). Per le forze terrestri, ho attuato il ritiro di reparti australiani dalla Malesia e dalla Nuova Guinea, evitandone quindi il totale annientamento, e un graduale arretramento di reparti inglesi dalla Birmania verso l’India. Finisce qui, come dicevo, la prima fase di questo difficile scenario. Resta ora da vedere cosa farà un nemico che è già alle porte dell’India e dell’Australia e che terrà sicuramente l’iniziativa per tutto il 1942.
PUNTEGGIO
Japan Score: 14215 – Allied Score: 8321