SITUAZIONE
Turno 468, 20 marzo del ’43. La partita ha decisamente ingranato un’altra marcia e si registra grande vivacità su tutti i fronti (con fortune alterne, come vedremo). Da parte alleata c’è la necessità di recuperare il terreno perso nel ’42, e questo compito non può che spettare agli Americani, sempre più forti e intraprendenti in virtù delle tante unità da combattimento che giorno per giorno entrano nello scacchiere del Pacifico. Da parte nipponica, per quello che mi è dato vedere, c’è la volontà di insistere su alcuni punti, ma anche, probabilmente per non disperdere le forze, la consapevolezza di doverne abbandonare altri.
Il numero rosso sulla mappa evidenzia il punto della nuova espansione giapponese. I tre numeri verdi sulla mappa evidenziano le avanzate e le offensive in corso da parte degli alleati. Punto 1 rosso, la Cina. Oltre ai bombardamenti degli aerei giapponesi, che i pochi e inadeguati caccia cinesi non riescono a contrastare, niente di rilevante accade in Cina per tutto il corso del 1942 (e infatti di Cina non se ne parla dal lontano report del turno 85). A metà gennaio del ’43 però il Giappone lancia un’imponente offensiva; è volta ad espandere il già vasto territorio conquistato a fine ’41. Il 23 gennaio viene occupata Liuchow, con il 4° War Area cinese costretto a dividersi nell’arretramento verso Kweilin e Tuyun. I Giapponesi interrompono la linea ferroviaria finora utilizzata dalle truppe cinesi per i rapidi dispiegamenti strategici e si impossessano di un aeroporto in posizione avanzata da cui lanciare nuovi bombardamenti. Alcuni giorni prima della caduta di Liuchow cade in mano nemica Tsiaotso. E’ il preludio all’attacco portato a Loyang, sede questa volta del 1° War Area. L’utilizzo di carri armati, contro cui i Cinesi poco possono fare, spazza via in pochi giorni le fortificazioni della città, ma nonostante questo il 1° War Area eroicamente resiste. Le perdite sono altissime da ambo le parti; iniziata a febbraio, la battaglia per Loyang non si è ancora conclusa. Ma non è tutto. Con l’arrivo di marzo le truppe nipponiche prendono d’assalto anche le città di Nanyang e Ichang, sedi rispettivamente del 5° e del 6° War Area cinesi. Anche qui le battaglie sono tuttora in corso e dall’esito per niente scontato. Rimasta in letargo per un anno intero, con questa imponente offensiva nipponica la guerra in Cina riprende decisamente vigore. Le truppe cinesi, alle prese con una cronica mancanza di rifornimenti, ovunque si trovano in difficoltà.
Punto 1 verde, Baker Island e Gilbert. Chiusa la questione delle isole Aleutine ed effettuata ad inizio anno la riorganizzazione e ripartizione delle forze, agli Americani desiderosi di riguadagnare terreno si presentano tre opzioni: prendere di mira Port Moresby per allontanare la minaccia che incombe sulla costa orientale dell’Australia, strappare ai Giapponesi i pericolosi avamposti nelle Salomone, effettuare un deciso balzo in avanti nell’arcipelago delle Gilbert. Dopo attenta valutazione, scarto Port Moresby (troppo lontana dai porti americani e troppo ben difesa) e considero prematura la conquista delle Salomone (le basi nel sudovest del Pacifico vanno prima potenziate). Si punta quindi alle Gilbert, isole di Tarawa e Makin e poi forse anche Ocean e Nauru; l’arcipelago sembra meno presidiato rispetto ad altri settori nemici ed è facilmente raggiungibile sia da Pearl Harbour che da PagoPago e Noumea (i porti principali della flotta americana). Prima di Tarawa e Makin occorre però posizionarsi a Tabiteuea e Arorae, possibili eccellenti aeroporti dai quali mettere sotto pressione le due isole nemiche. Prima ancora, occorre riconquistare Baker Island. L’operazione ha inizio a metà febbraio. Baker, lasciata al suo destino dai comandi nipponici forse perchè ritenuta indifendibile, viene invasa e conquistata da un reggimento dell’esercito il 22 febbraio; fiaccati dai continui bombardamenti aerei e navali i 5000 difensori dell’isola vengono annientati in due soli giorni di combattimento. Arriva il momento di entrare nell’arcipelago delle Gilbert e la flotta americana si rimette in moto per raggiungere Tabiteuea e Arorae. Non ci sono navi nemiche in vista, ma i Giapponesi stavolta reagiscono con numerosi attacchi aerei provenienti da Tarawa e Makin e da altri aeroporti situati nelle Marshall. Le portaerei americane, sempre presenti in zona, proteggono lo sbarco delle truppe con estrema efficacia e numerosi velivoli nipponici vengono abbattuti sopra Tabiteuea. Il 5 e 6 marzo però i piloti Giapponesi fanno centro e danneggiano due portaerei di scorta: la CVE Nassau, che deve rientrare a PagoPago dopo aver incassato due bombe, e la CVE Suwannee, che invece, raggiunta da diversi siluri, affonda di fronte a Tabiteuea. Nonostante questa perdita l’operazione può comunque essere considerata un successo. Sbarcati in gran numero insieme a tanta attrezzatura, i genieri americani iniziano a costruire gli aeroporti di Tabiteuea e Arorae, aeroporti che serviranno per mettere sotto pressione Tarawa e Makin. L’invasione delle due isole è fissata per fine aprile.
Punto 2 verde, le Salomone. In questo settore a preoccupare i comandi alleati ci sono i due avamposti nemici di Guadalcanal e Tulagi, perché l’eventuale utilizzo degli aeroporti situati sulle due isole metterebbe a rischio la navigazione in tutto il sudovest del Pacifico. Avendo preferito un intervento nelle Gilbert, per neutralizzare i pericolosi aeroporti gli Americani decidono di affidarsi all’arma aerea. Questa operazione è potuta iniziare già a metà febbraio grazie alla disponibilità di due basi molto vicine alle Salomone, le isole di Ndeni e Vanikoro, che si è provveduto ad occupare a fine ottobre del ’42 (post del turno 330). I risultati fin qui sono molto soddisfacenti: senza praticamente subire perdite, i bombardieri che decollano da Ndeni e Vanikoro (B-25 Mitchell e B-26 Marauder), ma anche da Luganville quelli con raggio d’azione maggiore (B-17 Fortress), danneggiano costantemente gli aeroporti di Guadalcanal e Tulagi. I Giapponesi sono costretti a continue riparazioni senza peraltro riuscire ad utilizzare le piste di decollo per scopi offensivi. L’invasione delle Salomone è già allo studio dei comandi americani; nel frattempo, sperando anche in un rapido ampliamento delle basi di Ndeni, Vanikoro e Luganville, si continuerà con i bombardamenti.
Punto 3 verde, la Birmania. Il motivo della cronica mancanza di rifornimenti presso le truppe cinesi, come accennato sopra, è presto spiegato: dopo l’invasione della Birmania e l’avanzamento delle truppe nipponiche fino a Lashio e Myitkyina, viene interrotta per gli alleati la famosa “Burma Road” (primi di marzo del ’42, post del turno 85). Da quel giorno a rifornire le truppe cinesi, ovviamente in quantità non adeguate, ci pensa un ponte aereo che collega le città indiane di Dimapur e Ledo alla città cinese di Kunming. Aerei e personale di terra sono sostanzialmente americani, come americano è il comando che gestisce l’operazione (HQa Tenth USAAF). Nel corso del ’42, oltre ai necessari aerei da trasporto, questo comando americano riceve anche squadriglie di caccia e bombardieri, in buon numero, ed ecco allora che oltre a rifornire le truppe cinesi si fa strada il desiderio di infastidire in qualche modo i Giapponesi. L’operazione, lanciata a inizio ’43, prevedeva il bombardamento degli aeroporti nipponici in Birmania e dei pozzi petroliferi e raffinerie di Magwe e Rangoon, e si sperava potesse portare anche ad un allentamento della pressione su Cox’s Bazar, dove le truppe giapponesi tentano tuttora uno sfondamento. Iniziata in modo molto promettente, ad oggi l’operazione se non proprio annullata è quasi ferma, perché la reazione nipponica è stata forte e molto decisa. Oltre a contrastare con efficacia i raid americani, sono spesso i bombardieri nemici a devastare le basi indiane di Dimapur, Ledo e Silchar. I piloti americani non cedono, ma le perdite iniziano ad essere elevate.
In ultimo, per rimarcare la nuova marcia ingranata da questa partita a War in the Pacific e la grande vivacità che si registra su tutti i fronti con l’inizio del ’43, non si può non menzionare la guerra sottomarina. Gli Americani, con i loro sommergibili classe “Gato” e le basi appositamente istituite per queste unità (vedi post del turno 409), riescono ormai a pattugliare tutte le zone di maggior traffico navale. I sommergibili di base nelle Hawaii (Lahaina) sono a caccia nelle Marshall, quelli di base nelle Ellice (Funafuti) sono nelle Gilbert, quelli di base nelle Ebridi (Luganville) sono nelle Salomone, Bismark e Nuova Guinea; i sommergibili di base nelle Aleutine (Adak) arrivano addirittura di fronte ai porti del Giappone. Il nemico non sembra attrezzato per arginare una simile minaccia e il numero di navi affondate dai sommergibili americani aumenta di giorno in giorno.
PUNTEGGIO
Japan Score: 25578 – Allied Score: 18937